D’arte si muore.
Dobbiamo ricordarla Pippa Bacca. E’ nostro profondo dovere, ricordare la leggerezza, l’incanto che portava, la carica e l’energia del suo progettare. L’ironia con la quale nutriva la sua maieutica.
Che idea, viaggiare vestita da sposa sino in Palestina. Sposa di pace! Il suo corpo testimone, insegna, “convertitore” di senso. Santo il suo corpo! Santo! Non fu Francesco a fare il cammino per portare il messaggio della Pace? Quanti altri come Lui, come Lei?
L’hanno trovata sotto un leggero strato di terra, Giuseppina Pasqualina di Marineo, violentata e strangolata. Un terribile fatto di cronaca. Un consueto fatto di cronaca. La madre di Pippa, Elena Manzoni, ha detto che una cosa così poteva capitare anche a Milano.
Cose così capitano a Milano, a Roma…
Anche a Lecce, possono capitare cose così. Ne sono capitate!
Proprio per reagire a questo orrore che Pippa Bacca aveva immaginato il suo impegno di artista.
C’è un arte che va alle relazioni, atto e contatto. Non c’è più quel senso provocatorio di tante cose del passato. L’artista si propone non più come elemento di scock estetico e segnico.
L’artista non è più eccentrico, separato. L’artista oggi constata e testimonia con la sua presenza la possibilità di altri termini relazionali.
Life art, quella di Pippa, arte relazionale, arte dello scambio simbolico. Arte vita, come una sociologia co-agente.
Non separazione scientifica ma coinvolgimento pieno: ascolto, accolgo, traccio l’atto del cambiamento.
Questo era il suo viaggio, era il suo sorriso, il suo viso tracciato dalla fatica.
Questo tentativo, questa necessità di agire per l’altro. Per un cambiamento da nutrire.
Il suo sacrificio speriamo serva a questo!
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